di Aldo Carpineti
Sergio Bruni fu un signore della canzone napoletana, così come Luciano Tajoli, Roberto Murolo e tanti altri. Fecero epoca cantando il sentimento, un ingrediente dell'animo umano dal quale non è dato dividersi. Melodie ai Festival di Sanremo e di Napoli. La storia della canzone napoletana e della canzone in generale ha in questi interpreti una propria pietra miliare.
Immediati prosecutori della tradizione altrettanto intensa della Tarantella, ne affinarono i modi e i contenuti. A loro volta ebbero successori di livello straordinario (e siamo ai tempi miei). Mi riferisco a musicisti come Renato Carosone, Peppino di Capri e, soltanto poco più tardi, Massimo Ranieri.
Carosone cantava canzoni che lui stesso componeva, accompagnato da un'orchestrina capace di sonorità inimitabili tanta era la fantasia musicale che esprimeva. Come è fisionomia naturale dei napoletani, contemporaneamente tutti insieme, in un legame strettissimo e tutti per conto proprio, interprete ognuno di un mondo a sé. Unità nella varietà. Simbolo dell'intero gruppo, mascotte e braccio destro dello stesso Carosone era Gegé Di Giacomo, batterista sfrenato eppure coerente in una propria marcata armonia. Viso sempre sorridente, anzi spesso se la rideva di gusto, agitandosi tra tamburi e partenopee maraquitas. Le stesse canzoni di Carosone trasmettevano allegria... parlavano di cammelli strambi, di oriente sereno, di imitatori del modello americano (antesignane rappresentazioni del cinematografico Alberto Sordi). Partecipò a diversi show del sabato sera a rete unica, tipo Il Musichiere, Studio Uno, L'amico del giaguaro, sempre ricoprendo porzioni di grande valore professionale e musicale, eppure senza pretendere mai per sé luci della ribalta troppo accese. Un signore misurato che non faceva del protagonismo una delle proprie qualità.
Peppino di Capri rappresenta un fenomeno nel fenomeno della napoletanità. Autore e intreprete di canzoni in lingua italiana come Roberta (dedicata ad una ex mai dimenticata) Champagne (che lui sente così profondamente da pronunciare quasi Chompagne...) che rievoca la malinconia di brindisi femminili dedicati ad altri. Ma esprime tutta la propria forza fisica ed emotiva nell'interpretare canzoni napoletane tipo Voce e notte... I te vurria vasà... capolavori musicali e scenografici oggi purtroppo poco ascoltati e conosciuti. Peppino di Capri attraversò con le proprie canzoni mezzo secolo scorso e tutt'ora, ben più che ottantenne, regge il ritmo con una verve da giovincello. Ricordo di averlo visto una sessantina di anni fa al Teatro Margherita di Genova assieme ad un altro pezzo da novanta come Gino Paoli. Napoli e Genova, repubbliche marinare per una volta alleate in un concerto straordinario.
Infine Massimo Ranieri che fece la propria corsa a distanza con un emiliano di nome Gianni Morandi, entrambi esprimendo caratteristiche personalissime lontane l'uno dall'altro. Un punto in comune può identificarsi nel riferiemento al servizio militare. Molto teatrale (in senso simpatico) quello di Morandi, spesso nella divisa di Fanteria, in televisione e al cinema nei suoi frequenti film giovanili/balneari. Profondamente napoletano il milite di Ranieri in O suldato innamorato. Versi che esprimono lacerazioni reali dell'animo ripetendo stai luntana da sto core... ahi vita ahi vita mia. Napoletanissimo eppure appartenente al mondo intero, interpretò lavori di grande prestigio come Metello in una rappresentazione strettamente inserita nella sua territorialità, e quasi contemporaneamente film americani persino a fianco di Kirk Douglas. Personaggio dalle mille capacità e dalle mille risorse. Tuttora in grado di presenze meno frequenti ma sempre forti sui palcoscenici dei maggiori teatri.
Napoli, con la sua tradizione popolare, forse la più profonda in Italia, con le sue contraddizioni e contrasti, resta un ecosistema di umanità e calore. Anche geograficamente, persino banale ricordarlo, inimitabile nelle sue ininterrotte terrazze naturali sul mare. I dintorni da far venire pelle d'oca... Posillipo, Sorrento, Capri, Amalfi nomi che esprimono favole. Il Vesuvio con la sua storia di distruzione che per noi contemporanei rappresenta modo di conoscenze di vita, abitudini, quotidianità antichissima. Un universo di universali proporzioni e racconti.
Domenica 30 ottobre 2022
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