di Aldo Carpineti
Sarà stata l'estate del 2001 o 2002, potrei sbagliare il dato cronologico che inquadra l'avvenimento... Avveniva però che mio fratello ed io portammo mia mamma a vedere Limone Piemonte. Lei non c'era mai stata, ne avevamo parlato tanto... soprattutto io ero stato frequentatore assiduo inverni anni 70. Gigi aveva sciato anche lui da queste parti pur senza una pari continuità.
Insomma, in casa era argomento ricorrente nelle conversazioni e nei richiami a comuni esperienze. Mia mamma (marzo 1919-novembre 2005) amava in modo viscerale la montagna, quella valdostana per tradizione famigliare anche dei Bianchi, l'Alto Adige per conoscenza successiva ma altrettanto profonda e significativa. La Valpusteria, segnatamente Sesto, Dobbiaco, San Candido, Moso, la Valfiscalina, la Cima Dodici, la Croda Rossa acquistarono abitualità nelle nostre vacanze estive primi anni 60. Più tardi (fra i miei 17 e 19 anni) ancora in Valpusteria, molto ravvicinatamente a Brunico, cittadina dall'aspetto elegante nelle sue caratteristiche montane, nel dna inconfondibilmente sudtirolese, la sua tradizione del loden verde e dei classici pantaloni corti di fustagno pesante con fascia pettorale fra le due bretelle spesso impreziosita da ricucitura manuale di stella alpina (o edelweiss come più propriamente si dice qui). Clima fortemente caratterizzato in termini di completezza se a qualcuno viene in mente di lanciare uno jodel, tipico gorgheggio vocale di queste valli, inimitabile e inimitato altrove.
Non soltanto azzardato ma assolutamente sconsigliato fare paragoni fra la montagna delle Alpi Occidentali e quella delle Alpi Orientali. Dire se si preferisce l'una o l'altra è poi quasi blasfemo, tanto dimostra ignoranza delle più elementari norme di autocontrollo ed aderenza a criteri logico-concettuali. La Val d'Aosta è la Val d'Aosta, l'Alto Adige è l'Alto Adige, due mondi lontani per quanto entrambi in altura, inavvicinabili tra loro. Chi avanzi pretese prioritarie dell'una rispetto all'altra realtà geografica è palesemente uno che se ne intende poco... che fa discorsi a vanvera.
Ritorno al titolo di questo bizzarro articolo, in gioventù mi capitava di tanto in tanto (non assiduamente) di leggere Topolino a volte la cosiddetta Strenna Natalizia, che dal nome richiamava la renna di Babbo Natale, ed era carica di argomenti come di doni lo è il periodo natalizio. Più frequentemente ed anche più volentieri scorrevo le pagine di Cucciolo, un giornalino (comix si direbbe oggi) nostrano che rispetto a Topolino aveva tante affinità.
Cucciolo stesso protagonista indiscusso, come Topolino nel proprio habitat cartaceo, un amico inseparabile, non un genio dal punto di vista intellettuale, ma caro e insostituibile in termini di affetto, Pippo per Topolino Beppe per Cucciolo. Gli interventi straordinari di Eta Beta da una parte e di Tiramolla dall'altra. Gilberto nipote genialissimo di Pippo, Caucciù altrettanto brillante rampollo della famiglia di Tiramolla. Indimenticabile il cane Pluto. In Cucciolo compare il cane di un amico russo di nome Ivan Ilià e Pugacioff è il nome del cane, piuttosto spellacchiato e male in arnese. Gli antagonisti furfanti Gambadilegno (a volte sostenuto dalla vistosa compagna Trudy) e Bombarda con l'inseparabile complice Salsiccia. Insomma tantissime le affinità e gli aspetti in comune... eppure personalmente preferivo Cucciolo, protagonista casereccio e meno sofisticato di Topolino, portatore e interprete di un mondo di pretese meno elitarie.
Beh, da una parte ci stava Walt Disney con tutta la sua Troupe e la sua internazionalità costitutiva, dall'altra un susseguirsi di autori e disegnatori italici con frequente turn over. Due mondi lontani anni luce. Ma forse proprio per questo Cucciolo e Beppe incarnavano aderenze alla quotidianità di tanti di noi ragazzi nati in contemporaneità con le gesta di Coppi e Bartali, con le commedie interpretate in dialetto dal genovesissimo Gilberto Govi, altrove i fratelli De Filippo, la mania degli oriundi nel calcio, salvatori della patria pedatoria, necessariamente venuti da lontano perché nella nostra ingiustificata e autolesionista modestia si era convinti che da soli non ce l'avremmo fatta... e tuttavia gli oriundi avevano nonni zii o lontani parenti legati in qualche modo alla nostra cara penisola. Affidarci allo straniero va bene, ma che non lo sia del tutto...
Tutto ciò premesso (e mi pare possa bastare) raccontavo come Gigi (mio fratello) così lo chiamavamo tutti molto affettuosamente, più tardi alcuni (scarsamente qualificati) vollero fosse definito Luigi da sé e dagli altri, certo nome più ufficiale ma rispetto al Gigi famigliare e amichevole molto meno significativo, privo di ogni tradizionale interiorità e di tutti i connotati personali che il simpatico pseudonimo interpretava con compiutezza. Ma si sa, alcuni pretendono di fare a modo loro anche in casa d'altri, con criteri propri e fasulli perché irrispettosi della storia e delle sue suggestioni. Sono sempre quelli che si credono più bravi degli altri, in realtà fanno danni enormi ed irreparabili.
Comunque sia, mia mamma apprezzò molto Limone. Sulla via del ritorno (se ne parlava ancora) commisi un errore imperdonabile. Basandomi proprio sul gradimento manifesttao dalla mamma verso la cittadina del cuneese, mi presi la libertà di osservare che Limone poteva essere considerato una nostrana Courmayeur.
Ahi ahi... mia mamma che era indubbiamente precisa ed attenta anche ai particolari mi espresse tutto il suo scandalo e riprovazione per un avvicinamento così inopportunamente ardito. Courmayeur apparteneva ad un altro pianeta, non si confondessero cose di natura non paragonabile. Quasi una lesa maestà.
Intendiamoci, ho sempre avuto un amore ed una stima ineguagliabile per mia mamma, grande donna, grande insegnante di matematica, grande capacità intuitiva portata ad armonie e coerenze senza confini. Quel suo risentimento istantaneo, immediato, assolutamente spontaneo verso la banalità che in quel momento mi permettevo di pronunciare mi aprì a considerazioni riguardanti il giudizio di ognuno di noi, assai proprio, non sostituibile e sempre da rispettare, in termini di prevenzione prima ancora che di intervento terapeutico. Ognuno ha le proprie sensibilità, gravemente offensivo volerle sostituire con le nostre. Snaturare il prossimo è quanto di peggio si possa fare. Una lezione che tenni presente sempre, e che sempre sarà uno dei capisaldi del mio pensare ed agire.
(cliccare sulle foto per ingrandirle)
Domenica 11 dicembre 2022
© Riproduzione riservata
623 visualizzazioni